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Incuriosita dalle recensioni del film che non avevo visto, ho voluto leggere questo libro (484 pagine) di Mordecai Richler.
La storia racconta la movimentata vita del protagonista, un ebreo canadese, intrecciata inesorabilmente a quella dei suoi amici e delle sue 3 mogli. Lo stesso libro è, in realtà, una sorta di “diario della verità”, un’autobiografia scritta da Barney Panofsky in persona, in risposta ad accuse ed infamie mosse nei suoi confronti proprio da uno dei suoi amici, Terry, scrittore di fama mondiale.
A 20 anni il protagonista vive a Parigi immerso nei fumi bohemien e “artistici” dei suoi amici. Qui incontra e sposa la prima moglie, Clara, pittrice dal futuro improbabile. Barney osserva ciò che lo circonda senza mai amalgamarsi alle situazioni: in questo periodo della sua vita, gli anni ’50, Barney si occupa di esportare formaggi francesi in Canada.
Gli anni passano e Barney torna in Canada dove apre una casa di produzione di fiction televisive, la Totally Unnecessary Productions. Sempre qui conosce e sposa la sua ricchissima seconda moglie. L’amore (poco) del protagonista per questa donna s’intuisce dal fatto che non verrà mai accennato il suo nome nel corso del racconto.
Proprio a causa della seconda moglie, Barney viene accusato dell’ omicidio del suo migliore amico Boogie. Ma proprio grazie alla “seconda signora Panofsky”, il protagonista conosce Miriam, la terza moglie.
L’approccio alla lettura di questo libro non è semplicissimo. Barney racconta i fatti molto alla rinfusa, senza un ordine cronologico e gli altri protagonisti vengono gettati nelle pagine senza una presentazione. Così è soltanto con lo scorrere delle pagine che gli eventi e le affermazioni cominciano ad avere un senso.
Barney non risulta piacevole, non è il tipico protagonista di cui poi ci si innamora. Ma a suo modo è tenero, perso ed un po’ vigliacco, dedito all’alcool così come il suo assurdo ed imbarazzante padre.
La narrazione è assolutamente toccante nella fase dell’innamoramento di Barney: tutti possiamo riconoscerci in quello stato di totale follia che fortunatamente colpisce ognuno di noi, prima o poi. Ma da lui, così ignavo, certi gesti risultano totalmente inaspettati.
Purtroppo il finale della storia è davvero straziante (ho pianto!). E finalmente risulterà chiaro il perchè dei 3 quesiti che Barney si ripeterà per tutto il romazo: con cosa si tira su la minestra? Chi ha scritto “L’uomo dal vestito grigio”? Quali sono i nomi dei 7 nani?
Voglio fare un piccolo paragone col film, che successivamente ho visto.
A parte il mio adorato Paul Giamatti e a parte la sostituzione di Roma a Parigi, come sempre accade per il film tratti da libri, non c’è paragone. Il film è troppo veloce e vola su quelle sottigliezze che caratterizzano tutti i protagonisti ma anche sulle loro parole pesanti nonchè cattiverie gratuite. Terry, il fulcro del libro, non c’è! I discorsi deliranti del padre di Barney, Dustin Hoffman nel film, sono solo molto ridicoli. Boogie, lo sporco drogato miglior amico di Barney è, perdonatemi il termine, quel fico di Scott Speedman: poco credibile. E poi Miriam: lei che ha fatto innamorare tutti noi lettori, doveva rimanere l’angelo del nostro immaginario. Insomma un film troppo buonista contro un libro molto momzer.
Io ho visto solo il film e non mi è dispiaciuto. Comunque anche se nel film lui è uno stronzo anche un pò egoista e un alcolista in lui si percepisce questa tenerezza che lo accompagna fino alla fine del film e che mi ha fatto anche piangere…