Invictus: il Presidente Mandela capitano della sua anima e della squadra di rugby del Sudafrica!

  

Dopo aver trascorso 27 anni in cella, il presidente del Sudafrica Mandela, cerca in tutti i modi di rinnovare l’immagine del suo paese agli occhi del mondo. Quale miglior occasione degli imminenti mondiali di rugby 1995? Madiba (appellativo dei membri più anziani ed importanti della famiglia) convoca quindi il capitano della squadra Francois Pienaar (Matt Damon) e lo prega di trovare  una motivazione, una “fiamma” che possa portare in alto la squadra e quindi il Paese stesso. Il capitano dapprima confuso dalla richiesta, comincia ad aprire gli occhi verso ciò che lo circonda: nella sua squadra un solo giocatore di colore è idolo e rappresentante del popolo nero africano ridotto ad una vita di miseria. Il pensiero si sposta poi al nuovo Presidente costretto, in passato, dal suo stesso amatissimo popolo, ai lavori forzati per la lotta intrapresa in gioventù, contro la “separazione” delle razze, dei sessi e delle religioni, l’apartheid. Il desiderio di guidare un metaforico esercito in lotta per l’identità e l’onore del  Paese, si impossessa del Capitano che diventa, in questo modo, una propaggine di Mandela stesso. L’ascesa è lenta ed emozionante (la scena dell’aereo di linea che vola basso sullo stadio, toglie il fiato!).  Anche se il film, tratto dal libro “Ama il tuo nemico” di John Carlin, è sicuramente romanzato, si basa comunque su fatti realmente accaduti. Freeman è perfetto come sempre, nel rappresentare l’aspetto più “paterno” e saggio del Presidente sudafricano che, per ironia della sorte, non potrà rivestire questo ruolo proprio per i suoi figli, lontani a causa del divorzio con la madre e le successive incomprensioni. Tutta la  forza di quest’uomo viene racchiusa nella poesia da brivido di William Ernest Henley:

INVICTUS (non vinto)

Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all’altro,
ringrazio gli dei chiunque essi siano
per l’indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l’Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita.
Io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.

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